Andrea Fortunato


Andrea Fortunato (Salerno, 26 luglio 1971 - Perugia, 25 aprile 1995) | Leggenda
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Andrea Fortunato era un ragazzo che giocava terzino sinistro. Un ruolo da turbodiesel. Uno con la maglia numero tre deve partire dalla sua area e andare, palla al piede, dall'altra parte del mondo, superando ogni ostacolo, finché il campo finisce. A quel punto fa una cosa, non la fa per sé, la fa per un altro e per la squadra: crossa. E se il centravanti ha seguito l'azione e ci mette la testa, allora è gol. Fortunato era uno di quelli che ci arrivava spesso, sulla linea di fondo, con la forza della sua gioventù e la bandiera dei suoi lunghi capelli al vento. Gli sono bastate poche stagioni di calcio per fare il tagliando dei 1500 chilometri e per imparare a superare gli ostacoli sul percorso. A 23 anni era già il terzino sinistro titolare della Juventus e aveva debuttato in nazionale. Uno di quelli che guardi alla tivù o sui giornali e pensi: «Ha tutto». E anche: «Non gli si può togliere niente». Invece gli si può togliere tutto: prima il gioco, poi la vita. 
La corsa di Andrea Fortunato sulla fascia sinistra si ferma il 20 maggio del '94 a metà di un'amichevole Juventus-Tortona. Lui dice: «Mi sento sfinito». Il medico dirà: «E' leucemia». Poi, nessuno si arrende. Si continua a giocare, ma è come essere a quindici minuti dalla fine, sotto di 3 a 0. Chi crede ancora nel pareggio, fa un atto di fede. Ma è in quel quarto d'ora disperato e spesso inutile che si distingue un giocatore vero. 
Andrea Fortunato l'ha giocato alla grande. Forse ha creduto davvero nella rimonta, forse ha scoperto un nuovo senso del gioco e un modo diverso di contare il punteggio. Ha resistito, ha confortato lui chi gli era vicino. Ha preso lui il telefono per chiamare i suoi vecchi compagni che non trovavano il coraggio. Si è impegnato in attività benefiche. Ha provato perfino a illudere e illudersi. Nel febbraio scorso si è spinto fino al ritiro della Juventus alla vigilia della partita con la Sampdoria. Ha promesso che sarebbe andato allo stadio. Poi non ce l'ha fatta ed è rimasto a seguire la partita in tivù, nella sua stanza d'albergo. La Juventus ha vinto la partita. Sta vincendo il campionato. Ci sarà un'amara dedica per lui, il giorno dello scudetto. 
Lui se n'è andato. Una vita sulla linea di fondo. Ma era quella di un terzino sinistro e allora, prima di uscire ha fatto un cross, ha mandato un messaggio, urlato qualcosa per chi era al centro. L'ha fatto in quel quarto d'ora vigliacco in cui la partita è già un ricordo e la vita un'ipotesi. Ma se sei un uomo davvero, giochi.

Gabriele Romagnoli, Andrea Fortunato ha perso l'ultima partita (La Stampa, 26 aprile 1995)